Distretti creativi

Distretti creativi, tecnologia e laboratori d’informazione

Riflessione sul tessuto produttivo italiano e sul dibattito sulla necessità di riorganizzare le nostre città. Le risorse le abbiamo, dobbiamo solo capire come utilizzarle.

Cito da un articolo di Zoe Romano “Perché ho chiesto a Passera e Profumo un FabLab in ogni città” su Chefuturo.it sull’opportunità di investire nell’imprenditoria:

 

in Italia stanno nascendo iniziative che vanno in questa direzione, come la prima delle Officine Arduino inaugurata a Torino lo scorso novembre. Sembra però che le istituzioni non ne percepiscano l’urgenza e ritengano che si possa ancora aspettare. Eppure, il tessuto produttivo italiano è composto principalmente da piccole imprese e lavoratori autonomi specializzati che non sono in grado di permettersi una formazione continua autonoma. Potrebbero tornare a essere più competitivi se solo avessero la possibilità di accesso a questo tipo di infrastrutture.”

 

Si parla di incubatori, anzi, di laboratori d’informazione focalizzati su open design, manifattura sostenibile e artigianato digitale. Sorvolando su cosa sia l’artigianato digitale (concetto che mi riservo di approfondire), vorrei cominciare a capire come mai in Italia così tante idee non trovino la giusta via di sfogo. Zoe aggiunge: 

 

“Sì, perché investire su creatività e tecnologia rappresenta un’opportunità che non possiamo ignorare” ed io sono d’accordo con lei. Anzi, farò di più. 
Il mio punto di interesse, quello che secondo me è un modello socio-economico più valido per rimodulare la produttività del nostro paese, integrando i punti di forza e potenziando le debolezze di un sistema basato essenzialmente sulle maestranze delle PMI, si chiama distretto creativo.

 

Spiegato in poche parole, il distretto creativo è un’unione sinergica di differenti catene di produzione accomunate dall’intento di far circolare le informazioni e renderle accessibili a tutta la cittadinanza.
Cito ancora Zoe che pensa a: 
“laboratori che ospitano persone con background diversi: alcune sperimentano il taglio di tessuti con il laser, altre esplorano le tecnologie indossabili e fanno evolvere l’idea stessa di produzione artigianale e innovazione per la nascita di piccole imprese”. 

 

Forzando un po’ la mano, anche il modello che lei propone fa leva sugli stessi concetti, con la differenza che nel distretto creativo si opera una trasposizione in chiave tecnologica del classico distretto italiano, tipico delle PMI, le cui leve sono la rivalutazione del talento e della partecipazione dei cittadini, con tre macro-obiettivi finali: l’integrazione, la multicanalità e il coinvolgimento sociale attraverso la circolazione delle informazioni.

 

Ma se ci sono tante idee e si trovano tante soluzioni, come mai stiamo rimanendo incastrati ad un modello economico vecchio e ormai superato? Smart cities o no, bisogna cambiare.

 


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